3/06/2009

Recensione F.E.A.R. 2 - Project Origin

Ci sono cose che io non mi spiego. Una di queste,è perchè un articolo su un gioco così importante come quello che vi apprestate a leggere,non sia stato pubblicato,mentre altri articoli "minori" sono stati subito messi on-line. Dal momento che l'ho scritto (e,personalmente,mi pare un signor articolo),non mi va proprio che il mio lavoro vada sprecato, indipercuiposcia lo metto in questo mio e vostro spazio virtuale; quando...(e se,a questo punto) sarà pubblicato, aggiornerò i link che trovate alla vostra sinistra. Buona lettura...!
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Mostruose aberrazioni dell’ingegneria genetica, energie psichiche, violenza, azione, sangue e il soffio gelido dello spettro di una bimba inquieta…quanta F.E.A.R. potete sopportare?
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L’importanza di chiamarsi F.E.A.R.
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Alla fine, è arrivato. Il “secondo capitolo” per antonomasia, uno dei sequel più attesi dalla comunità ludica, il successore del campione d’incassi targato Monolith, trova finalmente e prepotentemente spazio sui nostri Hard Drive, assetati di novità. In effetti, parlare di novità per un gioco che mutua quasi per intero la struttura di gioco dal suo predecessore può suonare strano, ma prendetevi il giusto tempo per leggere queste righe…e aspettate la fine per trarre qualsiasi conclusione. Dubitiamo, al momento in cui scriviamo queste righe, che qualcuno non abbia mai almeno sentito parlare di F.E.A.R., sparatutto uscito più o meno quattro anni fa, e destinato fin da subito a rimanere nei cuori e nelle menti dei videogiocatori di mezzo globo; in ogni caso, un rapidissimo excursus su quello che è stato, pare quanto meno d’obbligo.Il gioco originale ci metteva nei panni di un soldatino senza nome, facente parte di una squadra paramilitare, al soldo del governo degli Stati Uniti, la First Encounter Assault & Recon, da cui l’acronimo che da nome al titolo oggi sotto esame. Scopo del gioco, era indagare sugli atroci fatti di sangue avvenuti nel palazzo della Armacham Technology Corporation (ATC), dove un gruppo di “scienziati” stava studiando il modo di potenziare la fanteria, con nuove abilità fisiche e psichiche.

Cuore pulsante di tale operazione, era Alma, una bambina con capacità telecinetiche assolutamente senza precedenti; segregata a forza nel laboratorio e analizzata come la più insignificante delle cavie, ben presto la bimba in questione userà i suoi poteri contro i propri aguzzini, dando vita ad un massacro con pochi eguali. Prendendo sotto il suo controllo Paxton Fettel, capo dei soldati geneticamente modificati (chiamati, con una iniezione di fantasia, Replicanti), Alma attuerà la sua vendetta senza ostacoli di sorta, almeno fino al momento dell’arrivo della squadra F.E.A.R. … lo scontro fra il nostro protagonista e Fettel diviene inevitabile: dopo averlo eliminato, decidiamo quindi di far saltare in aria l’intera struttura (soprattutto dopo aver scoperto qualcosa di indicibile…per sapere cosa, vi invitiamo a giocare al primo F.E.A.R.!), ma l’apparizione finale dello spettro di Alma, subito prima dei titoli di coda, gettò l’ombra del Dubbio sugli spiazzati videogiocatori…che oggi, a quasi 48 mesi dal quel giorno, potranno, forse, sapere la verità sulla ATC, su Alma e sugli inquietanti misteri che questa bimba – la quale omaggia “Samara” del film “The Ring” in più di un modo, porta con sè e dentro di sè…Volendo fare i pignoli (!), potremmo affermare che questo Project Origin non è realmente un sequel (nonostante il monumentale 2 in copertina), poiché l’arco temporale che ricopre va a sovrapporsi all’ultimo capitolo del predecessore ed è, per certi versi, slegato dalle due espansioni uscite in questi anni (Perseus Mandate e Extraction Point, usciti rispettivamente nel 2007 e nel 2006). Mentre il protagonista senza nome di F.E.A.R. si trova alle prese con il tentativo di far saltare in aria tutto quello che è possibile, il nostro nuovo alter ego, Michael Becket, “irrompe” sulla scena, con l’ordine di prendere in consegna Genevieve Aristide, presidentessa in carica della ATC, e forse responsabile delle misteriosi esplosioni che hanno devastato la cittadina di Auburn…

Ma partiamo dall’inizio, che è sempre la cosa migliore. Il titolo oggi sotto esame, che è sotto le nostre zampe grazie all’accordo fra la WB Games e la software house Monolith (dopo il divorzio di quest’ultima da Vivendi, con relativa perdita dei diritti sul nome F.E.A.R., divorzio ricucito a suon di quattrini proprio dalla WB,per nostra fortuna), si presenta nella consueta scatola stile DVD, con all’interno i due dischi di gioco ed il manuale, scarno si, ma interamente e ottimamente localizzato nella nostra lingua. L’indebitamente lunga installazione, ci porterà dritti dritti alla prima “toppa” del gioco, ovvero l’assoluta necessità di creare un account “Steam” (se già non lo si possiede), prima di poter validare il gioco on-line. Quindi, accertatevi di avere una connessione a Internet prima di acquistare il gioco; creato l’account (o dopo aver avuto accesso a quello di cui già si dispone), dovrete pazientare ancora un po’, perché l’aggiornamento obbligatorio del software Steam incluso nel prodotto, sarà il secondo ostacolo, prima di cominciare a giocare. Naturalmente, non potrete disconnettervi fino alla fine di tale operazione. Successivamente, per fortuna, il software Steam può essere utilizzato off-line (ovvero, in assenza di connessione) e non sarà più necessario ripetere quanto descritto fino ad ora. Non vogliamo commentare questo macchinoso sistema di protezione, in questa sede, limitandoci a dire che lo troviamo piuttosto…invasivo. Sia come sia, è finalmente tempo di giocare : i primi due minuti di gioco ci vedono camminare per una cittadina semi devastata (cfr. Auburn), e la figura esile, misteriosa ed inquietante di una bimba si profila davanti a noi. La seguiamo, incerti sulle gambe, attraverso i fumi della devastazione e l’odore di morte che pare filtrare dal monitor…fino a ritrovarci con il suo viso sparato davanti agli occhi, come nell’atto di volerci soffocare! Primo salto sulla sedia, quindi, e primo cambio di indumenti intimi, per un titolo che riserva molte altre spaventose sorprese del genere! La scena riprende dall’interno di un mezzo blindato della nostra squadra, dove il comandante Stokes ci sta istruendo sul da farsi: la missione è quella di recuperare la signora Aristide dagli uffici della Armacham, possibilmente illesa, prima che i mercenari della fazione avversaria (non vi forniamo dettagli in merito, onde evitare di scoprire da soli chi di si tratta:vi diamo solo una foto, messa qui intorno, del capo dei cattivi!) riescano a trovarla ed eliminarla. Fin dalle prime battute di gioco, la sensazione di deja-vu è piuttosto forte : la prima frazione di questo Project Origin, si rifà, con forza, alle atmosfere del primo capitolo.

Largo quindi ai consueti uffici, carichi di schedari, scrivanie e quant’altro ci aspetteremmo di trovare nella sezione amministrativa di una grande industria aerospaziale. Il tutto, come è quasi marchio di fabbrica della produzione Monolith, condito da cadaveri smembrati, colori cupi, chiazze di sangue a profusione e la sensazione di pericolo sempre imminente, sempre strisciante, capace di condizionare il giocatore e di far tendere i nervi, pronti a cogliere la minima avvisaglia di…ecco, non sapremmo bene definire, l’avvisaglia di che cosa. F.E.A.R. 2, come e più del titolo precedente, conta sulla paura, certo, ma quella sibilante, fatta di sussurri percepiti in mezzo al frastuono di una sparatoria, di movimenti colti con la coda dell’occhio mentre ricarichiamo la nostra arma. Quel terrore strisciante che ricopre la mano del giocatore tesa sul mouse, che passa dalle interferenze video a echi lontani di un pianto straziante o, ancora, a visioni oniriche di un fantasma femminile, grottesco nella sua nudità, violento nel suo desiderio di vendetta.Nonostante questo, però, i programmatori hanno diluito molto le apparizioni di Alma – nelle 15 ore necessarie a concludere il gioco, concentrandosi di più sui furibondi scontri a fuoco contro i Replicanti. Questi ultimi, che già vantano delle routine di IA piuttosto avanzate quattro anni fa, sono oggi ancor più lesti e precisi nel cercare di coglierci in fallo, di accerchiarci e, in generale, di farci la pelle. Il tutto, grazie anche ad una rinnovata concezione dell’interazione ambientale, mai come adesso presente e funzionale. Non sarà infrequente, infatti, vedere i nostri nemici rovesciare un tavolo o una scrivania, ed utilizzare tali oggetti come nascondiglio o riparo dai nostri colpi; la cosa interessante, però, è che ora anche noi potremo fare la stessa cosa, adattando gli oggetti “sensibili” (ovvero quelli con i quali potremmo interagire, ben evidenziati e utilizzabili con il tasto “E”) ai nostri scopi.

In realtà, durante le nostre prove, abbiamo usato poco questa variante, ma il sapere di poterlo fare, ci ha già dato una bella soddisfazione!Quello che invece ci ha soddisfatto di meno, è l’ormai consolidata moda di non permettere al giocatore di salvare a piacimento:spariti quicksave e salvataggi liberi, c’e’ solo un sistema a checkpoint. Fortunatamente, sono relativamente frequenti, così da non dover necessariamente riaffrontare lunghe sessioni di gioco, o sempre gli stessi luoghi e nemici ad essi abbinati.Parlando di nemici, è bene sottolineare che, fra le invero poche critiche mosse al primo F.E.A.R., c’era quella della scarsità di varianti negli avversari. Detto fatto, alla Monolith hanno pensato bene di introdurre un più che discreto numero di nuova carne da cannone, come ad esempio degli esseri capaci di camminare sui muri, che ricordano, alla lontana, i vampiri mutanti di Blade II. Inoltre, ci saranno anche dei soldati muniti di esoscheletro, spettri di varia origine e natura o, ancora, i “Remnant”, ovvero un tipo particolare di spettro capace di riportare in vita i cadaveri e rivolgerli contro di noi.

E poi…c’e’ Lei:Alma. La donna bambina più famosa della storia del ludo, una presenza gelida e costante, un avversario ostico e impalpabile, dal passato misterioso. Per affrontare lei, i suoi famigli e tutto quello che si muoverà sullo schermo, avremo a disposizione un più che discreto arsenale, fatto di mitra, fucili d’assalto e da cecchino, lanciafiamme e lanciarazzi, pistole e granate di vario tipo; potremo portare con noi solo 4 armi per volta (pistola compresa), quindi occorrerà adattare, di volta in volta e in base allo scenario, la nostra strategia di gioco ai fini del completamento dell’avventura. Anche al massimo livello di difficoltà, comunque, almeno per le armi convenzionali, rimanere “a secco” di munizioni e di “armatura” (ovvero, del corpetto antiproiettile), sarà piuttosto difficile. Inoltre, in alcune invero piuttosto brevi, sessioni di gioco, avremo a disposizione una delle armature super-potenziate che vedete qui in giro…spettacolare!La peculiarità,o meglio una delle principali peculiarità del primo capitolo, era insita in un potere particolare del protagonista, ovvero la possibilità di rallentare, per qualche istante, il tempo e, di conseguenza, poter uscire da situazioni particolarmente difficili. Lo slow-motion (tale è il nome di questa abilità) lo ritroviamo anche nelle attitudini di Becket, e si rivelerà spesso vitale specialmente negli scontri con gli esoscheletri. Altro punto di forza rispetto al primo F.E.A.R., risiede nella maggiore varietà di locazioni; se è vero, come è vero, che la maggior parte del gioco si svolge al chiuso, dopo una prima sessione di “uffici-ospedali-scantinati”, metteremo finalmente la capoccia fuori dal guscio e saremo liberi di muoverci in spazi aperti, come le vie della città, ampie location sotterranee et similia. Naturalmente, “liberi” è e resta una parola grossa : alla fine, la struttura a tunnel degli FPS è presente anche in Project Origin, e noi dovremo sempre e comunque andare dal punto “A” al punto “B” senza deviazioni di sorta, massacrando ogni cosa (ed è il proprio il caso di usare il termine “Cosa”), che ci verrà incontro, con tutti i mezzi possibili; tuttavia, i programmatori hanno profuso talmente tanto stile e cura, in questo stilizzato sistema di gioco, che quasi non ci si accorge di viaggiare su binari preimpostati e anzi, ogni passo andrà guadagnato con il rumore del piombo e del sangue che gocciolerà ovunque.

Parlando di “rumore”, è doveroso segnalare che F.E.A.R. 2 Project Origin, è stato interamente localizzato nella nostra lingua: titoli,manuale, parlato, menù, tutto è stato regolarmente tradotto, senza svarioni. Il doppiaggio, come purtroppo spesso accade, non è all’altezza dell’originale e, nel complesso, non sono molti, i suoni campionati, ma quello che c’e’ è fatto davvero bene.Lo stesso si può dire per la componente strettamente “visiva”. Il motore che muove il tutto, il pluripremiato LithTech (che ha mosso fior di titoli, ndAleNet), sviluppato dalla stessa Monolith, è lo stesso che mosse il primo capitolo, sia pur tirato a lucido e potenziato per rispettare gli standard attuali. Grazie a questo engine – il Jupiter Extended – c’e’ quindi spazio per tutti gli effetti a cui siamo abituati e che forse pretendiamo (!), quali luci calcolate in tempo reale, spettacolari effetti di riflessione e rifrazione, nonché texture sempre curate (forse, a volte, leggermente ripetitive) e tanto, tanto sangue da rendere questo secondo capitolo almeno due volte più crudo del primo. C’e’ spazio, ovviamente, anche per la fisica, grazie alla presenza massiccia del motore fisico Havok, il quale rende gli ambienti di gioco molto più credibili; peccato per qualche svarione nella fisica dei corpi, e lievi effetti di compenetrazione dei poligoni, che comunque non inficiano un quadro assolutamente brillante. Quello che ci è parso chiaro, è che il gioco pare decisamente “votato” a piattaforme con il cuore Nvidia.

Il computer scelto per la prova, equipaggiato con una scheda ATI molto superiore anche al sistema “consigliato” all’interno del manuale stesso di gioco, ha risposto quasi perfettamente…ma è quel “quasi”che ci ha lasciato un tantino perplessi. Per tutti i dettagli, vi rimandiamo comunque al box hardware.Naturalmente, F.E.A.R. è anche multigiocatore : manca,è vero, una modalità cooperativa per la quale il titolo in questione sarebbe perfetto, ma esistono ben sei modalità (DeathMatch, Team DM, Controllo, Fronte Corazzato, Blitz e Attacco & Difesa) con le quali sarà possibile sfidare sulla Grande Rete, fino a 16 giocatori, sui server di Steam. In buona sostanza, possiamo affermare che F.E.A.R. 2 è un passo obbligato nella carriera di ogni giocatore. Permeato da un velo di romantica e atroce sofferenza, che sgorga dalla voce di una bambina tanto crudele quanto bisognosa di vendetta e riscatto, il titolo Monolith è un gioiello nel mare degli FPS: in una realtà fatta di cloni e idee mal sfruttate, Project Origin risolleva le sorti di un filone sempre troppo simile a se stesso, e lo fa con grande stile.

COMMENTO
F.E.A.R. 2 è arrivato portando con sé un calderone di idee e citazioni che ammiccano serenamente a tutti i cliché dei giochi d’azione e dell’horror Made in Japan. Ripetitivo in termini di gameplay (si tratta pur sempre di andare dal punto A al punto B, senza alcuna deviazione) ma mai noioso, il titolo patrocinato da WB Games, rappresenta una nuova chiave di volta per quello che riguarda gli sparatutto in prima persona. Superiore per molti versi al suo illustre predecessore, FEAR 2 ha saputo farsi carico delle critiche ricevute sul primo episodio, sapendosi rinnovare ma senza stralciare la sua vera natura. Avvincente, sconvolgente e pungente, capace di iniettare nelle nostre vene di videogiocatori l’amaro e strisciante soffio della paura, unito al nettare del divertimento e della passione. Violento quanto basta senza sfociare nello splatter ridicolo, sottile e coinvolgente, questo titolo regalerà a tutti coloro che ci giocheranno, a prescindere dai gusti e dai generi favoriti, ore di sana paura e divertimento come pochi altri giochi hanno saputo fare prima d’ora.

HARDWARE
Per affrontare l’ira di Alma, occorre munirsi, come minimo, di un processore a 2800 Mhz, una scheda video compatibile con le ultime DX 9.0c ( Nvidia 6800 / ATI X700, a salire), 1 GB di memoria di sistema, 12 GB di spazio libero su disco, una scheda audio compatibile con le DX9, lettore DVD, topo & tastiera, Windows XP SP2 o Windows Vista, e una connessione a Internet.Le nostre prove, le abbiamo effettuate con un Phenom 9550 Quad-Core, 3 GB di Ram, e una ATI 4870 Golden Sample. A 1024*768 punti, con tutti i dettagli impostati su “Massimo”, Filtro Anisotropico e Filtro AntiAliasing impostati su 2x, il titolo è stato sempre fluido, con l’eccezione di qualche lieve scatto durante i cambi di location. Per validare il gioco, è necessario un account STEAM ed è OBBLIGATORIO scaricare un aggiornamento, al primo avvio.
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VOTO : 8 su 10.

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