“Ao’?”
“Ao…che stai a fa?”
“Sto a lavorà”.
“Lassa perde. Arivo.”
“Fra quanto?”
“Boh…10 minuti,sto li”.
“Coffee Break?”
“Ovvio”.
“Vabbhone,t’aspetto”.
“Arivo.Cià”
“Cià”.
E si mette in posizione d’attesa, quella sorta di stand-by mentale che fa apparire un punto rosso tanto sul cranio,quanto sul televisore. Intanto continua a farsi la lampada. Con i monitor. Fa un sospiro lungo un eternità,mentre decine di pensieri gli passano per la testa. Li sfida, contando i monitor presenti sulle scrivanie. Uno, due, tre, quattro,cinque, sei. Però. Sei monitor, per sei computer, per una persona sola. Sorride fra se. Non dovrebbero pagarlo per sei? Intanto alla porta del suo cervello bussa il pensiero di lei, la Musa, che vuole entrare.
Normalmente, lo lascia passare senza problemi. Oggi è nervoso. Anzi, nervioso, si dice sorridendo di nuovo, mentre si accarezza il pizzo e sostituisce il di lei pensiero, con quello di una lametta mach3 che presto porterà sollievo alla pelle irritata.
“Quanto è passato?”, pensa, mentre guarda, in una frazione di secondo, l’orologio di sistema e l’orologio sul cellulare. Due minuti. Ancora un po’. Di solito, è puntuale. Anzi, è svizzero.
Le Marlboro Medium sono sulla scrivania. Il telefono, i soldi, l’accendino, le chiavi del cassetto. Tutto regolare.
“Sbrigati. Ho voglia di nicotina, di caffeina e di sorridere un po’”.
Fa fare un mezzo giro al pacchetto di sigarette; normalmente, odia quel tipo, ma le sue rosse favorite oggi erano merce rara. Anzi, introvabile.
“E ci ho speso pure 50 cent in più…”, dice a bassa voce, mentre brama la sua dose di nicotina.
Qualcuno ascolta un mp3 di un tizio che grida contro una che l’ha fatto soffrire.
“Benvenuto nel club,bello mio”, pensa amaramente. “Aho,ci siamo”.
Le penne sul tavolo vibrano all’unisono con la vibrazione del cellulare.
Un gesto fluido, fatto centinaia di volte, per sette lunghi anni. Attacca il telefonino, impugna la cornetta, fa il numero. Un automatismo. Ovvio. Normale. Semplice. Necessario.
“Aho?”
“Aho,sto sotto”.
“Arivo.Cià”
“Cià”.
Blocca il pc. Blocca l’altro pc. Blocca tutti i pc. Nessuno si azzarda a toccare nulla,ma è,come l’altro,un automatismo. Lineare. Naturale.
La giacca. Fa freddo.
“Tu hai freddo,Musa?”, si chiede, maledicendosi subito dopo per averla fatta entrare. Anche quello è un automatismo. Farla entrare. Sopratutto in quei rari casi in cui non vorrebbe.
Il corridoio illuminato lo disturba. Non ha mai amato le luci al neon, che regalano uno strano alone giallastro a tutte le cose.
Niente ascensore, per scendere. Spesso, neanche per salire. Un po’ di moto. Rassoda i glutei, dicono. Che buffo. Vabbeh,sono due piani. Che vuoi che sia?
L'ingresso ribolle di aria rovente, in netto contrasto con l’aria gelida e affumicata dagli autobus, che lo aspetta fuori.
“Aho, bella”. Un abbraccio, un bacio. E’sempre un piacere.
“Che dichi?” fa uno.
“Che dichi?” gli fa eco l’altro.
“Ho la fava ridotta ad un colabrodo”.
“Idem”.
“Piamose sto ginseng, va”.
Il bar è vuoto. Fortuna. Uno dei due è allergico alla folla, l’altro alle attese. O forse, entrambi sono allergici ad ambo le cose. Quindi, è già una vittoria.
Il calore del caffè abbraccia lo stomaco. Uno pensa a quanto vorrebbe che la Musa lo prendesse con lui, o con loro. L’altro pensa a quante volte ha preso quel caffè e a quante volte si è sentito solo davanti alla tazzina. Si può soffrire di solitudine anche dentro un bar, con un bicchiere fumante di liquido nero che aspetta solo di essere bevuto.
Si parlano.
Di tutto e di niente.
Sono Amici. Amici veri. Fratelli. Di Sangue. Legami imprescindibili che vanno oltre il Tempo, oltre l’età, oltre le differenze e le esperienze passate.
Ridono.
Sbuffano.
Si guardano.
Ridono ancora.
Nonostante tutto, e per tutto.
Il tempo è già scaduto.
Il lavoro chiama, il bisogno primario di realizzarsi, pure.
Si salutano, ridendo ancora.
Trovano conforto nel sapere che l’Altro c’e’.
Comunque vada. Qualunque cosa accada.
Tornano al lavoro, con la sicurezza di avere qualcuno su cui contare.
Prima di salire in macchina, uno si guarda indietro e pensa: “Grazie, fratè…se non ci fossi tu…”
Nello stesso istante, l’altro sta facendo le scale. E sta pensando la stessa,identica cosa.
La pausa caffè è finita, ma il Sorriso è rimasto.
Ed è un'altra vittoria.
Aspettano il prossimo caffè.
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