Questo è un racconto breve, per ho scritto per il Forum Libri di Gamesurf. Lo posto anche qui...e ci terrei a sapere cosa ne pensate.
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I due piloti non si parlavano da diverse ore. Erano ben consci dell’importanza della loro missione e questo li rendeva nervosi; osservavano il panorama fuori dai loro oblò, scuotendo leggermente il capo. Quella situazione non gli piaceva, a nessuno dei due, ma era la paura di perdere la speranza che li aveva condotti fino a li, a costringerli, di quando in quando, a reprimere un brivido di impaziente attesa.
“Atterriamo laggiù, Alpha”, disse uno.
“D’accordo, Gamma”, rispose l’altro. “Immagino che non ci sia molta differenza. E’ già il settimo atterraggio che effettuiamo e ancora…”
“Alpha”, lo interruppe Gamma, “per favore. Niente lamentele. Concentriamoci solo sulla missione”.
Alpha ristette. Ingoiò la risposta amara che voleva gridare al suo compagno di viaggio, e si concentrò sulle operazioni di atterraggio. Localizzò un pianoro di sabbia e rocce, proprio davanti ad una costruzione imponente. Manovrò abilmente la cloche, coadiuvato da Gamma, ed l’atterraggio fu quasi privo di scossoni.
“Niente male, Alpha”, disse Gamma, a bassa voce, con un accenno di sorriso. “Altri sei…settecento voli insieme, e vedrai che riuscirai ad atterrare come me!”.
Alpha non rispose. Aprì il portellone e scese con un balzo felino, sollevando, all’impatto con il terreno, una nuvola di polvere. Dal canto suo, Gamma si servì della scaletta di servizio.
“Non ti sforzare troppo, mi raccomando”, lo provocò.
Gamma lo compensò scoccandogli un’occhiataccia in tralice dai suoi grandi occhi neri, quindi gli voltò le spalle. Osservò il panorama davanti a se, cercando di reprimere uno strano senso di smarrimento che gli attanagliava le viscere. Alpha ha ragione, pensava, è il settimo luogo che visitiamo in lungo e in largo…senza trovare alcuna traccia. Eppure…
Si costrinse a guardarsi attorno: la costruzione davanti alla quale erano atterrati, doveva essere stata, un tempo, imponente e maestosa. Ora, era solo un enorme scheletro di acciaio, cemento e polvere che si stagliava contro il cielo terso. Alpha si accostò al suo amico.
“Sembra un artiglio scheletrico che sbuca dalla terra, per ghermirti, non è vero?”, sussurrò.
“Già…” Gamma tornò al veicolo, ne estrasse un piccolo oggetto, poi tornò accanto ad Alpha. I due camminavano lentamente; Alpha scrutava ogni angolo ed ogni ombra, Gamma agitava davanti a se quello che sembrava un piccolo microfono munito di display, alternando sguardi speranzosi al suo strumento e alla zona circostante.
A quanto pareva, proprio come per gli altri luoghi che avevano visitato, non c’erano ne acqua, ne piante. Palazzi, case e altre costruzioni, di varia dimensione, erano state mortalmente ferite da ogni lato, i muri squarciati, le assi incendiate, i tetti divelti. Non c’era anima viva, ne tanto meno corpi che testimoniassero che, in quei luoghi, qualcuno aveva vissuto, amato, pianto, e gioito, in quel ciclico caleidoscopio che è la vita.
Lontano, un lunghissimo ponte, spezzato in tre parti, mandava riflessi della luce del sole che si rifrangeva contro degli oggetti metallici. Alpha e Gamma ne avevano visti a bizzeffe, di quegli oggetti, ma nel loro database non c’era una parola per descriverli. Per loro, e per il loro governo, erano gli “Oggetti 47”. Una sigla semplice, persa in un mare di altri nomi senza importanza.
I due continuarono a camminare. Il vento li accompagnava, creando mulinelli di terriccio accanto ai loro piedi, mentre si arrampicavano su delle collinette di asfalto e terra, guadavano letti di fiumi ormai essiccati, entravano in abitazioni sventrate, dove neanche la morte risiedeva più.
Il crepuscolo incendiò quello strano panorama, mentre si appropinquavano verso il loro veicolo. Una lacrima solcò il volto ovale di Gamma, rilucendo sulla sua pelle grigia.
“Gamma…”, mormorò Alpha, avvicinandosi all’amico. I suoi enormi occhi neri, obliqui, erano carichi di compassione.
“Lo so, Alpha”, lo anticipò Gamma. “Lo so. Siamo soli, nell’Universo.”
I due salirono a bordo del loro velivolo a forma di disco, senza una parola, pronti a tornare nel silenzio immoto delle stelle.
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